Lo stupore che quasi sempre prova il neofita per la lentezza con cui nei primi anni di pratica vengono eseguite le tecniche del Tai Ji Quan, è destinato ad aumentare quando gli vien detto che la via migliore per cominciare ad apprendere quest’arte risiede nell’immobilità.
La pratica di ogni tecnica richiede una estrema precisione nell’esecuzione ed il contemporaneo controllo dei numerosi aspetti che la compongono. Alcuni di questi aspetti sono comuni a tutte le tecniche, e rappresentano il lavoro di base sui principi fondamentali, il Ji Ben Gong che nessuno potrà mai dire di aver praticato abbastanza.
Il primo requisito esteriore e visibile è la postura corretta. Se non si è in grado di mantenere la postura nell’immobilità, come si potrà farlo muovendosi? Il secondo requisito è il radicamento: difficile apprenderlo e soprattutto conservarlo mentre ci si muove, se prima non lo si è conquistato nella posizione statica, Zhan Zhuang (o posizione del palo eretto, o dell’albero) che può essere eseguita secondo molte varianti a seconda dello scopo che ci si propone, e che offre molti tesori a chi ha la pazienza di cercarli.
Il praticante di Tai Ji Quan, quando esegue Zhan Zhuang, dovrebbe focalizzare la sua attenzione contemporaneamente su molte cose, e questo non è facile: per questo, agli inizi, gli si dirà di badare soltanto a pochi aspetti, su cui la mente dovrà esercitare un continuo controllo per adeguare il corpo alle esigenze dell’arte e, soprattutto, per raggiungere l’indispensabile condizione di pace interiore. Il primo principio da osservare è quello di mantenere il corpo dritto e centrato, il che comporta un’auto-estensione della colonna vertebrale che si ottiene coltivando le sensazioni del Bai Hui sospeso al Cielo e del coccige attratto verso la Terra. Eseguita correttamente (spingendo indietro il Ming Men), questa tecnica provoca una leggera retroversione del bacino e, in conseguenza, la distensione del tratto lombare della colonna vertebrale: riducendo o, meglio, eliminando la lordosi lombare il percorso del Qi sarà molto agevolato. Agli inizi, questo risultato si ottiene agendo separatamente sul coccige e sul Bai Hui; più avanti, quando la tecnica si sarà affinata, ci si accorgerà che si tratta di un unico movimento che parte dal Ming Men.
Con la punta della lingua sempre in contatto col palato e con i piedi distanti fra loro quanto sono larghe le spalle, si fletteranno più o meno lievemente le ginocchia e, senza che la loro proiezione verticale superi mai le punte dei piedi, si aggiusterà la posizione in modo da sentire il peso del corpo distribuito su tutta la superficie dei piedi stessi e coltivando la sensazione del contatto con la Terra dei punti Yong Quan (fontane zampillanti). Più si piegheranno le ginocchia, più sarà difficile mantenere a lungo la centratura e l’equilibrio: agli inizi ci si accontenterà di una posizione più alta al fine di potersi concentrare più facilmente sul radicamento, per ottenere il quale si dovranno eseguire alcune tecniche che potranno essere meglio utilizzate in movimento se saranno state apprese e praticate da fermi:
arrotondare l’inforcatura. Agendo sulla sinfisi pubica si fa come se si volessero riunire le anche in un punto davanti a noi: il movimento sarà minimo, ma sufficiente a creare una curvatura in avanti del bacino che permetterà un fluido passaggio del Qi dal basso verso l’alto e viceversa. Bisogna fare attenzione, nel far questo, a non coinvolgere le ginocchia, le quali potrebbero, se la tecnica non fosse eseguita nel modo giusto, tendere a chiudersi verso il centro mentre, al contrario, dovranno sempre puntare verso le estremità dei piedi.
rilassare i glutei e contrarre le cosce. Facendo come se ci si trovasse su una bilancia e si volesse cercare di aumentare il proprio peso, tutto il corpo spinge verso il basso mentre i glutei si rilassano completamente. Se contemporaneamente si arrotonda l’inforcatura, ne deriva una sensazione come di avvitarsi penetrando e radicandosi nel suolo; si potrebbe avvertire una sensibile stimolazione dei punti Yong Quan.
Quanto sopra descritto può essere eseguito tenendo le braccia rilassate lungo i fianchi. Successivamente, con la mente allenata a tenere sotto controllo la postura e tutti i requisiti sin qui descritti, e se non lo si è fatto sin dall’inizio, si solleveranno le braccia tenendole come se si abbracciasse un albero, con le mani all’altezza dell’ombelico, per sperimentare un altro principio del Tai Ji Quan: mentre la parte inferiore del corpo è saldamente radicata, la parte superiore si mantiene elastica e flessibile. Nei primi tempi sarà molto difficile mantenere la postura. Man mano che ci si fa l’abitudine, si impara che per mantenere le braccia e il busto in posizione non è di alcun aiuto far ricorso alla forza: al contrario, la resistenza aumenterà proporzionalmente alla capacità di rilassare i muscoli di schiena spalle e braccia. Si apprende, in questo modo, l’equidistanza dagli opposti: il completo rilassamento del corpo ci priverebbe di ogni sostegno, ma contraendo eccessivamente i muscoli sopravviene presto lo sfinimento. È (per me) impossibile non mantenere in contrazione gli arti inferiori; è invece necessario che glutei, schiena, spalle e arti superiori siano quasi del tutto rilassati. Il rilassamento della parte superiore del corpo porterà alla comprensione di due altri importanti requisiti del Tai Ji Quan: Han Xiong (contenere il petto) e Tan Bei (tirare la schiena, arrotondandola). Senza questi due accorgimenti è impossibile raggiungere il giusto grado di rilassamento mantenendo la giusta postura. Per arrotondare l’inforcatura abbiamo dato al bacino la forma di un arco di circonferenza che chiude davanti a noi; per arrotondare la schiena si fa la stessa cosa con le spalle, distanziando fra loro le scapole e facendo rientrare lo sterno. Man mano che, grazie ad una continua auto-sorveglianza, si riuscirà a conquistare il rilassamento dei muscoli, aumenterà e perdurerà il senso di vigile tranquillità e pace interiore, premessa indispensabile di ogni progresso. Quando si riuscirà a conservare per almeno una ventina di minuti la posizione secondo quanto detto sin qui, il corpo comincerà a trasformarsi in una molla pronta a scattare. Come e quando farlo scattare sarà l’argomento di studio delle tecniche in movimento. Sarà un lungo studio…
Fabio Caputi
Pratico il Tai Ji Quan dall’autunno del 2005. Sono rimasto immediatamente colpito dalla bravura e dalla passione della Maestra Filosa e dei Maestri e Maestre formatisi alla sua scuola. Dopo 3 anni di stile Yang ho scelto, insieme a tutti i miei compagni di corso, di proseguire con lo stile Chen Xiaojia, che conto di continuare a studiare per il resto della mia vita.
I calci fanno parte della tecnica o metodo delle gambe (Tui Fa).
Nello stile Chen Xiaojia i calci che si eseguono sono principalmente:
il calcio di punta (Fen Jiao)
il calcio di tallone (Deng Jiao)
il calcio ruotato battuto a fior di loto (Shuang Bai Lian)
il calcio battuto volante “a sforbiciata” (Er Qi Jiao)
il calcio a mani incrociate (Shi Zi Jiao)
In generale, per eseguire correttamente qualunque tipo di calcio occorre analizzare e distinguere tre fasi:
Una prima fase di preparazione al calcio, nella quale occorrono la concentrazione sulla direzione in cui andrà sferrato il calcio, il rilassamento dell’anca dalla quale dovrà partire il movimento, il radicamento della gamba di sostegno ed il completo spostamento del peso su di essa. Inoltre il qi dovrà essere portato in basso, nel dantian inferiore, il respiro sarà mantenuto leggero e costante, la postura dovrà essere corretta (zhèng) con il corpo allineato, facendo attenzione a non sbilanciarlo né in avanti né indietro
In una fase successiva si dovrà ricercare l’accumulo dell’energia (xu) una sorta di caricamento (di una ipotetica molla) con la collaborazione di tutte le parti del corpo, in particolare delle braccia. Lo sguardo sarà rivolto nella direzione in cui si dovrà eseguire il calcio e manifesterà l’intenzione e la consapevolezza dell’azione che sta per compiersi (yi)
Nella terza fase (fa) verrà slanciata la gamba eseguendo il calcio e liberando l’energia accumulata precedentemente. Anche in questa fase le braccia parteciperanno all’emissione del fa li. Subito dopo, la gamba sarà ritirata piegata all’altezza del ginocchio prima di essere appoggiata a terra. Ritirare subito la gamba piegata significa mantenere l’equilibrio ed il radicamento sull’altra gamba al fine di poter eventualmente ripetere il calcio o, in un combattimento, poter contrastare efficacemente l’avversario che ha cercato di afferrare la gamba che ha eseguito il calcio.
I calci si allenano generalmente alti per poi poterli utilizzare bassi (per poter colpire l’avversario all‘inguine o alle gambe)
Esaminiamo in dettaglio i principali tipi di calci :
Calcio di punta (Fen Jiao)
Il calcio di punta può essere pai jiao (calcio battuto) o ca jiao (calcio strofinato). Il calcio di punta o calcio che divide, viene eseguito con il piede disteso in una ideale prosecuzione della gamba. L’applicazione della forza è all’estremità del piede. La preparazione di questo calcio si effettua incrociando le braccia con un movimento circolare di raccolta dal basso verso l’alto, con successivo moto rotatorio a spirale (chansijin) lungo gli assi delle braccia che porterà alla rotazione dei palmi delle due mani verso l’esterno. Quando si esegue il calcio battuto le due braccia si aprono, la mano corrispondente alla gamba cha ha eseguito il calcio batterà sul collo del piede in aria, mentre, l’altra mano si aprirà verso l’esterno in alto all’altezza della spalla. La gamba che esegue il calcio dovrà essere distesa e sollevarsi almeno all’altezza dell’anca. Nel calcio strofinato la preparazione delle braccia è analoga a quella del calcio battuto, ma la mano corrispondente alla gamba che ha sferrato il calcio, invece di battere e quindi di eseguire un movimento circolare dall’alto al basso, eseguirà un movimento rotatorio dal basso verso l’alto passando con il palmo all’interno del piede in aria e “strofinando” l’interno piede con il palmo aperto.
Calcio di tallone (Deng Jiao)
Il calcio di tallone viene eseguito con il piede “a martello” cioè formante un angolo di 90° con la gamba. In questo caso il punto di applicazione della forza è nel tallone ed è un calcio “di spinta”. Nello stile Chen Xiaojia il tipico calcio di tallone è il calcio laterale. Si può avere tuttavia un esempio di deng jiao frontale nella prima tecnica della sequenza er lu. Il calcio laterale si prepara passando dalla posizione eretta naturale alla posizione di raccolta contemporanea della gamba che deve calciare con il ginocchio piegato e delle due braccia che si raccolgono incrociate all’altezza del petto con i pugni chiusi (le due braccia possono anche ritirarsi con gli avambracci paralleli e non incrociati). L’emissione del calcio sarà laterale, a destra o a sinistra, ed avverrà concentrando la forza nel tallone, ritirando la punta del piede verso l’alto e con la contemporanea vigorosa apertura delle braccia. Il braccio opposto alla gamba che sferra il calcio avrà il pugno più in alto con l’occhio del pugno rivolto verso l’alto, mentre l’altro braccio avrà il pugno con la faccia nella stessa direzione del calcio. Lo sguardo e l’intenzione saranno anch’essi nella stessa direzione del calcio.
Calcio ruotato battuto a fior di loto (Shuang Bai Lian)
Questo calcio è chiamato così perché il movimento circolare che esegue la gamba che ruota dall’interno verso l’esterno ricorda la forma del petalo del fior di loto. Per prepararlo si assume la posizione gong bu e le mani saranno davanti al corpo, oblique, con le punte delle dita rivolte verso l’esterno. La distanza tra i due palmi sarà pari alla distanza tra polso e gomito (di un ipotetico avversario) e tale deve rimanere fino alla fine della tecnica. Dalla posizione gong bu si passa poi, spostando tutto il peso sulla gamba davanti, alla posizione di equilibrio, in modo da liberare la gamba che deve calciare. Mentre quest’ultima effettua la rotazione, le due mani la intercettano quando passa all’altezza del viso, battendo in rapida successione, prima una e poi l’altra, sul collo del piede, e si fermano poi dal lato della gamba d’appoggio. Durante il calcio la gamba è distesa, si piega il ginocchio alla fine mentre si resta in equilibrio. Per eseguire bene questo calcio è particolarmente importante il rilassamento delle anche.
Calcio battuto volante “a sforbiciata” (Er Qi Jiao)
Il nome di questo calcio, er qi jiao, deriva dal doppio salto (er: due) che effettuano le gambe. Questo calcio si può eseguire facendo prima un passo (che facilita lo slancio verso l’alto) oppure da fermi in posizione raccolta. In entrambi i casi la collaborazione fondamentale al calcio è data dalle braccia: il braccio sinistro preme in basso e compie una rotazione fermandosi all’altezza della spalla, il braccio destro ruota verso l’alto e in avanti e batte sul collo del piede destro. Le gambe effettuano una sforbiciata in volo saltando, prima la sinistra e poi la destra. La punta del piede destro si estende nel calcio in modo che il collo del piede sia disteso e pronto per essere colpito dal palmo destro. I piedi atterrano uno dopo l’altro, il sinistro un attimo prima del destro. Per eseguire bene questo calcio è particolarmente importante il rilassamento delle spalle.
Calcio a mani incrociate (Shi Zi Jiao)
Il nome di questo calcio deriva dall’incrocio delle braccia che ricorda il carattere cinese “shi” (dieci). In realtà le braccia incrociate simulano una situazione di difficoltà nella quale un avversario afferrando le braccia le immobilizzi, rendendo quindi efficace solo una reazione con un calcio. Nella preparazione di questo calcio l’avambraccio destro è sotto al braccio sinistro, che ha il gomito piegato a formare una croce. Il piede destro si solleva e ruota descrivendo un cerchio interno/esterno da sinistra a destra. La mano sinistra colpisce il collo del piede destro.
Bibliografia:
Taijiquan stile Chen Xiaojia e Qigong di L.Pippa, C.Filosa, Chen Peijiu, R. Crepaldi, L.Sotte
Canone illustrato del Taijiquan della famiglia Chen di Chen Xin
Appunti dalle lezioni della Maestra Carmela Filosa
Le immagini grafiche sono tratte da “Canone illustrato del Taijiquan della famiglia Chen” di Chen Xin
La Maestra Valentina Petra di Caccuri (III Duan di Taijiquan stile Chen Xiaojia) ha iniziato lo studio del taijiquan stile Yang ed ha successivamente approfondito lo studio dello stile Chen Xiaojia, sempre sotto la guida della Maestra Carmela Filosa,raggiungendo nel 2018 la qualifica di Maestro , con abilitazione all’insegnamento del Taijiquan Chen Xiaojia rilasciata dallo CSEN- CONI. Nel corso degli anni ha partecipato a gare regionali e nazionali raggiungendo buoni risultati nelle competizioni a mani nude e con armi ed ha preso parte a seminari di approfondimento e specializzazione sia del Taijiquan che di altri stili del Wushu tradizionale sia in Italia che all’estero.
Nei giorni 28 e 29 Settembre, si è tenuta a Palermo la prima tappa del corso istruttori della Italy Chen Xiaojia, tenuto dalla Maestra Carmela Filosa. Il sabato mattina è stato dedicato al seminario “Cerchi e spirali nelle principali tecniche a mani nude e di spada. Pratica di tuishou“, aperto a tutti i praticanti della ICXJ.
Quelli che in antico eccellevano come adepti del Tao penetravano l’arcano e comunicavano col mistero, erano tanto profondi da non poter essere compresi. Proprio perché non possono essere compresi io mi sforzerò di descriverli attraverso immagini. Prudenti erano come chi d’inverno guada un fiume, attenti erano come chi avverte il pericolo incombere da ogni dove, rispettosi erano come chi è ospite, sfuggevoli erano come ghiaccio che si va sciogliendo, schietti erano come legno non ancora sgrossato, vuoti erano come valli, impenetrabili erano come l’acqua torbida. L’acqua torbida, se placata, pian piano si farà limpida, e quel che è inerte, una volta smosso, la vitalità pian piano riprenderà. Chi s’attiene a questa Via non brama d’esser pieno, e proprio perché non desidera esser colmo mai completa consunzione lo coglie.
(Laozi – Dao De Jing)
WU JI assenza di polarità, di differenziazione, stato di vuoto primordiale che precede la nascita del mondo
WU niente, assenza, negazione
JI limite estremo, polo,
WU JI è lo stato in cui il praticante si deve porre prima di iniziare e nella pratica consiste nell’allineare il corpo, bilanciare il peso sui due piedi, calmare la mente e la respirazione, cercando di entrare in uno stato di rilassamento vigile. Ha la finalità di pacificare lo shen e regolarizzare il respiro per riportare l’armonia nelle funzioni di tutti gli organi. L’assunzione di una posizione dritta e centrata prepara sia il corpo che la mente all’avvio cosciente della pratica.
Il primo passo nella pratica è di trovare il proprio centro di stabilità, rivolgendo l’attenzione su un punto, ad esempio uno dei tre Dantian, e mantenerla. Il Dantian inferiore è il punto più comune. E’ uno stato di rilassamento, di concentrazione e di serenità che rende percettiva ogni parte del corpo e permette all’energia di penetrare nel Dantian inferiore, luogo di trasformazione e di concentrazione dell’energia. E’ considerato la radice del’uomo e luogo di concentrazione dei cinque soffi.
L’obiettivo è quello di raggiungere la concentrazione assoluta, la quiete, il distacco ed il superamento della dualità. Entrare in uno stato di quiete per nutrire lo spirito e concentrarsi nell’unità della natura, il “TAO”, l’aspetto spontaneo, intimamente puro e incondizionato di ogni singola espressione della natura.
La nozione di Vuoto è un concetto fondamentale del Taoismo e dell’intera cultura cinese. La stessa cosmologia cinese parte da questo concetto: all’inizio c’è il Caos Primordiale, che viene osservato e definito come tai xu, Grande Vuoto, o anche come wu ji, Senza Limite o Senza Polarizzazione. Da questa «assenza» origina la vita. Il Vuoto è il luogo della circolazione dei soffi vitali ed è la sede degli scambi. Il Vuoto è la condizione per ogni trasformazione, per l’accadere di ogni avvenimento: ciò è vero nella fisica e nella medicina cinese ma anche nelle arti come la letteratura, la musica e la danza. Nella calligrafia come nella pittura la dialettica Vuoto-Pieno è uno strumento per portare alla luce gli effetti di un’altra dialettica: quella yin-yang. È il qi dell’artista che guida il pennello a realizzare nel carattere o nel tratto pittorico un’opera che sia una sorta di microcosmo che richiama il macrocosmo: quel macrocosmo il quale procede da un soffio primordiale che sfrutta appunto il «Vuoto» per circolare.
La rappresentazione simbolica del Vuoto è la Vallata, un incavo «vuoto» che genera e nutre tutti gli esseri e le cose che la abitano e non si esaurisce mai.
“Lo spirito della Vallata vive per sempre; qui si parla della Femmina misteriosa. La Femmina misteriosa ha un’apertura da cui escono Cielo e Terra. L’impercettibile filo fila indefinitamente, vi si attinge senza mai esaurirlo” (Laozi – Dao De Jing)
Vari caratteri vengono utilizzati per esprimere il concetto di Vuoto:
– chong, che trasmette l’idea di un fluido espulso con violenza;
– kong, che indica lo spazio vuoto della volta celeste;
– xu, che si rapporta con l’idea di Vuoto come condizione per la circolazione silenziosa dei soffi vitali. Si tratta del Vuoto che descrive la condizione ideale nella quale gli elementi yin si comportano naturalmente come tali, così come quelli yang , e tra i due poli yin-yang si ha un interscambio leggero e silenzioso di soffi.
Il carattere xu rappresenta una collina deserta dove nulla ostacola il fluire regolare dei soffi. Regolare il Cuore significa regolare la mente, per “pervenire allo stato di tranquillità” (Rujing). Solo quando l’energia del Cuore è attivata, la mente diventa silenziosa e si può entrare nello stato di calma.
È la quiete del Cuore che permette di compiere movimenti armonici – arrotondati e regolari- e di avere una respirazione lenta, lunga e profonda. Un modo di dire cinese, assai efficace, si esprime così: “uno stato di calma equivale ai cento movimenti“; i cento movimenti sono quelli dell’energia, che presiede alle attività funzionali e di trasformazione che avvengono all’interno del corpo e ai movimenti della forma fisica. La regolazione del Cuore conduce questo organo, che è la dimora della mente e dello spirito, allo stato di centratura e di calma. Se l’inquietudine della mente si estingue, lo spirito può esistere; al contrario, se la mente è presente (con pensieri ed emozioni), lo spirito non può esistere. Se il Cuore è saldo e fermo, lo spirito può raccogliersi; se il Cuore è instabile, lo spirito non può raccogliersi. E se lo spirito è concentrato, anche l’energia è coesa e scorre nei meridiani senza disperdersi. Per riassumere, nello stato di non-mente il Cuore è calmo, lo spirito si manifesta come presenza consapevole e l’energia fluisce abbondante in tutto il corpo.
Il «Vuoto del Cuore» permetta allo shen (il mentale, lo psichismo) di trovare un luogo adatto alla propria dimora. A questo proposito riportiamo un passaggio dello Xun Zi , capitolo XXI, che afferma: “Come può un uomo conoscere il dao (tao)? Grazie al Cuore. Come può il Cuore conoscere? Grazie al Vuoto, perché il Vuoto non dirige verso le impressioni già tesaurizzate, ma verso ciò che deve essere ricevuto”.
Questo atteggiamento permette all’uomo la vera conoscenza, che non consiste per i taoisti nell’acquisizione di nozioni, ma al contrario nel “saper vivere” secondo un agire naturale che proprio perché naturale è una “conoscenza senza conoscenze”.
Il vuoto del Cuore quindi è la condizione per aumentare la nostra percezione cosciente, libera da vizi e pregiudizi: è quella condizione libera dal passato e dal futuro che permette di vivere la pienezza del presente. La condizione mossa da un’intelligenza retta, sarà dunque a sua volta retta, affinché possa essere colta e riconosciuta la vibrazione dell’energia. Questo atteggiamento, per i taoisti, permette all’uomo la vera conoscenza che non consiste nell’acquisizione di nozioni, ma al contrario, nel “Saper Vivere” secondo un agire naturale. “TIAN TAO – REN DE”: il TAO del cielo agisce nell’uomo; in quanto parte del TAO è la potenzialità dell’uomo nel seguire la VIA.
“Gli uomini hanno paura di abbandonare le loro menti, perché temono di precipitare nel vuoto senza potersi arrestare. Non sanno che il vuoto non è veramente vuoto, perché è il regno della via autentica” (Huang – Po)
Nella mentalità occidentale il vuoto viene percepito come mancanza del pieno e si tende a riempirlo. Il pieno assoluto, però, è stasi, non c’è movimento. Occorre fare vuoto affinché il nuovo accada. Il vuoto è la condizione per l’accadere di ogni avvenimento e per ogni trasformazione. L’idea del vuoto è sinonimo di infinita ricchezza di possibilità, di massima apertura e libertà. Bisogna considerare il vuoto come una porta, una possibilità, uno spazio potenziale, come entità di per sé esistente.
Come il seme si nasconde nella terra per creare le piante, come l’uovo fecondato è al riparo nell’utero, quando ci rifugiamo in noi stessi entriamo nell’uovo cosmico, come dicevano gli alchimisti.
“Va col vuoto tra le mani, poiché questo è tutto. Questo è il mio dono. Se riesci a portare il vuoto tra le tue mani, allora ogni cosa è possibile. Lascia cadere il secchio, così che l’acqua sfugga via, e con essa la luna. Solo questo ti permetterà di alzare lo sguardo e vedere la vera luna nel cielo; ma prima devi aver conosciuto il sapore del vuoto, devi lasciar cadere il secchio della tua mente, dei tuoi pensieri: non più acqua, né luna. Il vuoto nelle mani” (Jung – Libro Rosso).
Il WU JI, origine delle condizioni statiche e dinamiche, è la madre dello Yin e dello Yang “fermi si combinano, muovendosi si separano”.
“Da tale vuoto assoluto (…) sboccia meravigliosamente l’azione”
(Herringel – Lo zen e il tiro con l’arco)
“Il tornare è il movimento del Tao, la cedevolezza è quel che adopra il Tao. Le diecimila creature che sono sotto il cielo hanno vita dall’essere, l’essere ha vita dal non-essere”
(Laozi – Dao De Jing)
Ciò che interessa è la ricerca di una esperienza diretta della realtà che trascenda non solo il pensiero intellettuale, ma anche la percezione sensoriale.
La conoscenza che deriva da un’esperienza di questo tipo viene chiamata dai Buddisti “conoscenza assoluta” perché si basa sull’esperienza diretta dell’ “essenzaassoluta”, indifferenziata, indivisa, indeterminata.
La conoscenza assoluta è quindi un’esperienza della realtà totalmente non intellettuale, un’esperienza che nasce da uno stato di coscienza non ordinario, che può essere chiamato uno stato “meditativo” o mistico.
Infatti, la componente razionale della ricerca sarebbe inutile se non fosse completata dall’intuito che rende creativi gli scienziati fornendo loro nuove visioni.
Queste visioni tendono a manifestarsi improvvisamente e non quando si è seduti al tavolo di lavoro cercando di risolvere equazioni, ma quando ci si rilassa. Durante questi momenti di riposo, dopo un’intensa attività intellettuale, la mente intuitiva sembra subentrare a quella razionale e può produrre improvvise visioni chiarificatrici.
E’ uno stato di grande ricettività, uno stato mentale che fin dall’antichità era assiduamente ricercato da coloro, sciamani e sacerdoti, che tentavano la comunicazione con livelli di esistenza più elevati.
Nel Lingshu viene detto:
“Quando il Cuore si applica si parla di intenzione”.
L’intenzione è quindi il movimento del cuore, è la sua attività mentale.
L’ideogramma yi (intenzione) è formato dal radicale del cuore sovrastato dal fonema “yin” che designa una bocca che emette una nota musicale, un suono, una vibrazione celeste: quindi lo yi inteso come risonanza del cuore, come suono o parola che sgorga con intenzioni chiare e pulite. Ma nell’accezione usata da alcuni maestri, indica qualcosa di più di una semplice correttezza d’animo, esso coinvolge l’individuo in maniera globale. Infatti vediamo che il radicale yin è composto dal carattere “li” (stare eretti, radicarsi, diritto) e dal carattere “ri” (sole) , che sovrastano il carattere “xin” (cuore) .
Con yi quindi si intende “colui che sta eretto, perfettamente centrato nel proprio spirito, col controllo del proprio corpo e della propria mente”.
Yi è una delle facoltà dell’organo xin , cuore, nelle sue componenti principali: Yi Shi (coscienza, consapevolezza) e Yi Nian (idea, intenzione).
Può essere sinteticamente espresso con “mente-cuore”, termine che implica il concetto di “consapevolezza intuitiva” e cioè la capacità di conoscere e di esserne coscienti senza mediazioni intellettuali, in maniera diretta e immediata. Infatti la parola intuizione etimologicamente significa “essere in Dio”, dal greco en (in) e theos (Dio). E’ ciò che viene definito “conoscenza del cuore”.
Opportunamente sviluppata, permette una presa di coscienza delle potenzialità sia del corpo sia della mente. E’ lo stato in cui non c’è disarmonia tra pensiero e azione, in cui la consapevolezza si fonde con l’azione, facendo sì che le nostre azioni siano perfettamente allineate al flusso della nostra “intenzione cosciente”, è una specie di “estasi non mistica” che rappresenta uno stato di fusione, di assorbimento totale in quello che si sta facendo, dimentichi di ogni cognizione spazio temporale.
Questo stato rappresenta ciò che viene detto “l’Arte del Vuoto del Cuore”.
Confucio considera che il rituale è operante quando la bellezza del gesto esteriore riflette la sincerità e la correttezza dell’intenzione interiore. Ogni rituale mira ad una rimessa in ordine interiore. Questa rimessa in ordine per un effetto di propagazione, parteciperà al mantenimento ed allo sviluppo di una armonia esteriore. E’ agendo entro di lui e su di lui che l’essere umano agisce sulla società e sul mondo.
Elemire Zolla, nel suo libro “Verità segrete esposte in evidenza” dice:
“Il pugilato e la scherma con l’ombra nati nei monasteri taoisti e buddisti non vogliono forza muscolare, ma immaginazioni veementi. … Chi la pratica diventa un simbolo del cosmo, con tutto il peso addensato nel basso ventre, mentre il flusso dell’energia, come provenendo dal centro della terra, gli sale su per i piedi e colma il tronco. In certe arti marziali si immagina che la cintola sia una corda d’arco che scocca l’energia del cosmo come il dardo su per il tronco, lungo le braccia, attraverso le dita, via, fino ai confini dello spazio. Si diventa l’asse che non vacilla, il volano del cosmo, e l’energia si avvolge a elica intorno alla spina dorsale.”
Al termine della sequenza, data la figura circolare del Taiji, che rispecchia la “RUOTA DEL VIVERE”, la pratica finisce nella posizione e nel luogo da cui è iniziata. Ed è così che il mutuo e dinamico equilibrio tra Yin e Yang, caratteristica del Taiji, prende avvio dalla comune matrice del Wu Ji, ed ad essa ritorna.
RIFERIMENTI:
Lucio Pippa, Carmela Filosa, Chen Peiju, Renato Crepaldi, Lucio Sotte “Taijiquan stile Chen Xiaojia e Qigong”
P.H. De Bruyn, A Dell’Orto, C. Despeux, V. Goossaert, C. Kontler, L. Chen-Yuan, M. Masson, T. Meynard, E. Rochat De La Vallée, B. Vermander “Grandi Religioni e Culture nell’Estremo Oriente: CINA”
Jou Tsung Hwa “Il Tao del Tai Chi Chuan”
Giuseppina Merchionne “Lo spirito del Qi Gong. Il soffio Cosmico”
Carlo Moiraghi “La via della forza interiore”
Flavio Daniele “I Tre Poteri segreti del Taiji Quan: Corpo – Mente – Energia”
Sotte L., ed altri, “Fondamenti di Agopuntura e Medicina Cinese”,
Eric Caulier “Comprendre le Taijiquan”
Catherine Despeux “Taiji Quan. Tecnica di lunga vita”
Li Xiao Ming “Metodo pratico di autoelevazione col Qi Gong tradizionale cinese”
appunti dalle lezioni della Maestra Carmela Filosa
La Maestra Ornella Sportelli, ha frequentato il corso triennale di NATUROPATIA presso la “Scuola Italiana di Scienze Naturopatiche” a Lecce. Nel 2010 si è diplomata in Massaggio Cinese Tuina, Fisiochinesiterapia e Ginnastiche Mediche Cinesi (QI GONG) presso l’Accademia di Medicina Tradizionale Cinese Sowen-GSSS di Bologna. Dal 2004 studia e insegna il Taiji Quan stile Yang e stile Chen insieme a Marco Pignata, sotto la guida dei Maestri Eric Caulier e Carmela Filosa. Nel 2011, nel corso di un soggiorno in Cina, la Gran Maestra Chen Peiju, XX generazione della famiglia Chen, le ha conferito il certificato di “Coach” per l’insegnamento dello stile Chen Xiaojia. Tecnico qualificato dallo CSEN-CONI con qualifica di “ISTRUTTORE”- Cintura Nera II Duan per l’insegnamento del Taiji Quan stile Chen Xiaojia. Attualmente insegna Taiji Quan e Qi Gong a Taranto e Provincia, insieme a Marco Pignata.
Le attività della Italy Chen Xiaojia si spostano all’aperto
Se volete assistere o partecipare ad una delle nostre lezioni, ci trovate a:
San Giorgio a Cremano (NA): il 9 ed il 15 luglio, dalle 19:00, presso Villa Vannucchi (riferimento Maestra Sarah Falanga)
Palermo: tutti i martedì di luglio, dalle 18:00 alle 19:30, presso Giardino Vincenzo Florio (adiacente allo Stadio delle Palme) (riferimento Maestro Vito Marino)
Roma: tutti i mercoledì, dalle 19:00 alle 20:00, presso il Parco di via Viner, zona Axa Malafede (riferimento Maestro Nazzareno de Cave)
Pesaro: 4 ed 11 luglio, dalle ore 19:00 alle 20:00, presso gli Orti Giulii (riferimento Maestro Caudio Romoli)
Lo sviluppo della cultura
cinese è stato fortemente influenzato dalle teorie di Confucio, Lao
Tsu e del Buddismo Zen, un vastissimo connubio tra filosofia,
religione, metafisica, misticismo ed etica. È indubbio pertanto, che
le stesse abbiano condizionato anche lo sviluppo delle arti marziali
e, quindi, del Taijiquan. Ciò posto, è evidente il ruolo
fondamentale ricoperto nel Taijiquan dal concetto di etica
individuale e sociale. Come in tutte le Arti marziali Cinesi, anche
nel Taijiquan esiste un vero e proprio codice etico (Wude) che regola
il comportamento dei praticanti. Il Wude (morale marziale) ha lo
scopo di fare del praticante una persona esperta di tecniche
marziali, improntate a sane regole etiche e principi morali, che
devono manifestarsi nella pratica dell’arte marziale, ma anche nel
normale fluire della vita quotidiana. Alcuni concetti fondamentali
sono:
umiltà
coraggio
assenza di invidia
rettitudine
costanza
empatia
saggezza
rispetto per il luogo in cui
si pratica
reciproco rispetto tra
allievo ed insegnante
bontà
Tali virtù sono una
caratteristica indispensabile per poter essere un buon praticante di
Taijiquan.
Secondo il pensiero confuciano
l’uomo (ren)
ha dei limiti nel suo sviluppo, pertanto, necessita di norme di
condotta (li).
L’equilibrio perfetto viene raggiunto solo stabilendo la corretta
armonia tra ren
e li.
In questa disciplina marziale
l’apprendimento e la pratica delle tecniche marziali non può
prescindere dalle qualità morali. Se tali principi etici saranno
correttamente applicati, con un serio allenamento quotidiano, allora
il gesto marziale si dimostrerà efficace, si dice infatti “Per
allenare la marzialità prima si deve allenare la morale, per
insegnare all’uomo prima si deve insegnare al cuore”.
Seppur appare semplice nella teoria, tale connubio, nella pratica, è
estremamente difficile da raggiungere e mantenere nel tempo.
Preliminarmente occorrerà una buona dose di modestia, bisogna
collaborare insieme al fine di migliorare senza cercare di
prevaricare gli uni sugli altri “se il cuore è retto il pugilato
sarà corretto, se il cuore è deviato, il pugilato sarà parziale”.
Il praticante può essere pieno di talento ed allenarsi duramente ma
se non dimostra di essere moralmente degno, non riceverà dal suo
maestro un’istruzione completa. La prima norma da osservare è
proprio il rispetto e la cura reciproca tra allievo ed insegnante,
regola che si estende nella relazione tra studente e studente, tra
allievo e gente comune, e pertanto, in ogni relazione sociale. Nel
rispetto di questo concetto agisce il maestro, il quale esamina per
anni la morale di un possibile allievo prima di trasmettergli la sua
conoscenza e soprattutto accettarlo come suo Tudi. Difatti, magari
inizialmente, lo stesso allievo si dimostra entusiasta e sincero,
accettando di buon grado ogni regola, ma nel tempo potrebbe
subentrare qualsivoglia forma di subdolo interesse materiale che lo
porterà ad agire in maniera difforme dai principi a cui si ispira il
Taijiquan. In realtà, ciò che sarebbe opportuno modificare è
soprattutto la visione di tale arte marziale, non certo da intendersi
come qualcosa che si può “comprare o vendere”, bensì
un’abilità, una conoscenza da trasmettere e far conoscere ad
altri. La nostra associazione “Italy Chen Xiaojia”, volge
appunto il suo scopo alla diffusione ed allo sviluppo del Taijiquan,
stile Chen, attraverso il suo studio, la sua ricerca, promozione,
conoscenza, e nel rispetto del suo codice etico, trasfuso
nell’osservanza per tutti i nostri associati dello “statuto”.
Le norme di condotta in tal caso con riferimento allo statuto della
nostra scuola, hanno appunto lo scopo di costituire un’armonia tra
gli associati col solo fine della diffusione e conoscenza del
Taijiquan stile Chen Xiaojia, il rispetto delle norme dello statuto
permette la corretta diffusione di tale arte marziale secondo i
dettami della tradizione millenaria custodita dai Caposcuola
mondiali, Maestri Chen Peiju e Chen Peishan, ed, attraverso loro, dal
nostro Caposcuola italiano, la Maestra Carmela Filosa. Non è
nell’intenzione dello scrivente tediare il lettore riportando le
norme contenute nello statuto, conscio che i soci, gli associati e
coloro che abbiano interesse a far parte della nostra Associazione ne
conoscano il contenuto e le finalità, ma ne riporterò brevi stralci
in quanto “repetita
iuvant”:
lo
scopo conviviale e culturale dell’associazione si esprime
attraverso la maturità e la consapevolezza di ogni socio.
Tutti
i soci sono tenuti a rispettare le norme dello statuto e del
regolamento interno secondo le deliberazioni assunte dagli organi
preposti.
Solo
il Caposcuola italiano può indire dei corsi di formazione per
istruttori, riconoscere questi ed abilitarli all’insegnamento
dello stile, previo superamento dei relativi esami annuali,
un’ulteriore verifica verrà effettuata alla presenza in Italia
della maestra Che Peiju e/o dal Maestro Chen Peishan.
L’istruttore
abilitato e che abbia una propria scuola deve richiedere, almeno una
volta l’anno, un seminario con il Caposcuola italiano al fine di
verificare ed approfondire il lavoro svolto con i propri allievi,
costoro devono essere regolarmente iscritti all’Associazione.
I
contatti diretti con i Caposcuola mondiali, sono tenuti
esclusivamente tramite il Caposcuola italiano.
I
comportamenti offensivi o lesivi della dignità o indirizzati a
creare dissidio o a portare offesa all’onorabilità
dell’associazione saranno puniti con l’immediata e inappellabile
espulsione dall’associazione stessa, decretata dal Presidente che
ne è legale rappresentante e garante.
Per quanto detto è deducibile che la pratica del Taijiquan è per tutti, ovvero per tutti quegli individui che improntano la loro vita al rispetto degli altri, alla ricerca dell’armonia con se stessi e nelle relazioni sociali, la cui pratica marziale sia indirizzata allo studio e diffusione delle conoscenze trasmessegli dal proprio maestro, strettamente connessa alla capacità di custodirle e gestirle con saggezza.
La maestra Alessandra Falanga, IV duan, cintura nera, ha cominciato a studiare il taijiquan nel 1999, sotto gli insegnamenti della maestra Carmela Filosa, della quale è divenuta discepolo nel 2012. Dal 2001 ha partecipato a numerose competizioni nazionali ed internazionali, conseguendo il titolo di campionessa italiana per diversi anni, ed il terzo posto al campionato Europeo di Mosca. Nel medesimo anno ha cominciato a recarsi in Cina, studiando e perfezionandosi sotto la direzione della maestra Chen Peiju, discendente di XX generazione della famiglia Chen e XII dello stile Chen Xiaojia. Nel 2008 ha partecipato al campionato mondiale di Hanoi (Vietnam), rientrando nei primi dieci posti. Dal 2006 ha cominciato a dedicarsi anche all’insegnamento del Taijiquan.
Le
due Teorie di base della Medicina Tradizionale Cinese sono quelle di yin-yang e dei Cinque Movimenti wuxing. Il grande sinologo Joseph Needham
parla delle due teorie come facenti parte della Scuola dei Naturalisti, la cui
fondazione è attribuita a Zou Yan, sviluppatasi nel periodo degli Stati
Combattenti (453-221 a.C.) e chiamata proprio Scuola Yin-Yang yinyangjia. Needham riconosce anche che
“Non ci può essere dubbio che l’uso filosofico dei termini dati verso
l’inizio del IV secolo a.C., e che i passaggi nei testi più vecchi che
menzionano questo uso sono interpolazioni effettuate più tardi di quel tempo.”
Possiamo quindi affermare che la Teoria yin-yang sia uno dei fondamenti storici di tutta la cultura tradizionale cinese, compreso il taijiquan, che alla Suprema Polarità yin-yang deve il suo nome.
Non
parlerò del concetto di yin-yang
in generale, argomento conosciuto da tutti i seri praticanti di arti marziali,
mentre mi soffermerò sul rapporto tra le leggi che ne governano i rapporti e la
didattica del taijiquan.
Leggi dello yin-yang
Yin e yang sono opposti. Giorno e notte sono opposti, il
versante soleggiato di una collina e il suo versante in ombra sono opposti, l’interno
e l’esterno del corpo sono opposti, l’alto e il basso del corpo sono opposti.
Nel
taijiquan lo yin e lo yang,
come per esempio il vuoto e il pieno, devono essere “chiaramente distinti”,
opposti, in quanto lo sono yin e yang in natura per definizione. Se una
gamba riceve il 70% del peso del corpo, come nella gongbu, l’altra ne riceverà necessariamente il 30%, in
quanto polo opposto della dialettica yin-yang.
Il petto è yin, il dorso è yang: “contenere il petto, incurvare la
schiena”, hanxiong babei, indica
che la parte anteriore del corpo, che è yin,
deve essere contenuta in quanto accumula energia, la parte posteriore del
corpo, che è yang, deve essere
distesa in quanto deve lasciare scorrere il jin,
la forza muscolare, fino alle mani.
Yin e yang sono complementari. Lo yin da solo o lo yang
da solo non esistono. Sarebbe come ammettere l’esistenza del giorno senza la
notte, come il concepire una sola faccia di una medaglia.
Allo
stesso modo nel taijiquan il
radicamento è complementare alla rapidità, il radicamento da solo è staticità,
la rapidità da sola è vuota. La solidità della parte inferiore del corpo, in
quanto analoga alla terra, è complementare alla leggerezza della parte
superiore, analoga al cielo. La rapidità e la leggerezza sono complementari al
radicamento e alla solidità.
Al
crescere dello yang corrisponde
il decrescere dello yin e
viceversa. Al crescere della luce diurna corrisponde il
decrescere del buio della notte, e poi al crescere dell’ombra e dell’oscurità
corrisponde il decrescere della luce del giorno.
Nel
taijiquan queste legge viene
applicata in ogni movimento, Prendiamo ad esempio la coppia yin-yang accumulo/rilascio. In ogni
tecnica si passa da un momento in cui si è nella massima condizione di accumulo
e di interiorizzazione della forza a una fase in cui gradualmente essa viene
portata verso l’esterno, ed emessa nel caso in cui la tecnica si completi con
un fali/fajin. Il peso si sposta
gradualmente da una gamba all’altra, e al crescere dello yang/pieno corrisponde il decrescere dello
yin/vuoto.
A
determinate condizioni lo yang si trasforma in yin e viceversa.
Questa condizione è che lo yang o
lo yin abbiano raggiunto il loro
culmine. Arrivati al solstizio d’estate le giornate devono necessariamente
accorciarsi, arrivati alla mezzanotte la luce deve necessariamente cominciare a
crescere.
Nel
taijiquan questo è il motivo per
cui diciamo “il movimento deve arrivare fino alla fine”, in quanto questa è la
condizione necessaria perché una tecnica possa trasformarsi correttamente nella
successiva. Quando il movimento di accumulo ha raggiunto il suo massimo si
trasforma in rilascio.
La
ricerca dello yin e dello yang in ogni movimento del taijiquan è la chiave per una migliore
comprensione dell’Arte stessa. Quale aspetto in un determinato momento è yin e
quale yang? Da quale aspetto yin sta per nascere l’aspetto yang che ne è
complementare? Come avviene la transizione tra yin e yang nel mio corpo in una
determinata tecnica? Quando ho raggiunto la fine della tecnica e quindi posso
trasformarla nella successiva?
Esaminiamo
come esempio di applicazione delle leggi yin-yang
la tecnica Yema Fenzong, Dividere
la Criniera del Cavallo Selvaggio.
Yin e yang sono opposti. Cerco di sentire
bene la distribuzione del peso, come la gamba anteriore sia quella piena, come
la gamba posteriore sia all’opposto vuota, mi concentro sulla sensazione di
attività, espansione ed esteriorizzazione della mano che va avanti e verso
l’alto yang, e contemporaneamente
su quella che va verso l’interno e in basso yin.
Yin e yang sono complementari. Cerco di
sentire non solo la opposizione, ma anche la la complementarietà del movimento
di accumulo yin con quello di
espansione yang. Mi concentro
sulla sensazione di complementarietà tra l’azione della mano avanti e in alto e
l’azione, altrettanto importante, della mano dietro e in basso.
Alla crescita dello yang
corrisoponde la decrescita dello yin
e viceversa. Cerco di sentire in modo consapevole come al
crescere dell’aspetto yang di una
mano corrisponda il decrescere dell’aspetto yang
dell’altra, di come avvenga il trasferimento del peso da una gamba all’altra.
Trasformazione reciproca tra yin
e yang. Cerco
di individuare il momento in cui una tecnica o una sua parte è arrivata alla
fine e come da quel momento inizi la trasformazione nella successiva.
Didattica del taijiquan
Accanto
a questo aspetti legati alla applicazione della polarità yin-yang, la Suprema Polarità, a mio
avviso è tutto il progetto didattico del taijiquan
che è attinente alla regola superiore della dialettica yin-yang.
La
nascita appartiene allo yin, la
crescita culmina con lo sviluppo e la maturazione dello yang. Seguono poi la decrescita e il
ristagno, che portano a maturazione e compimento la vita.
“L’essere
umano nasce morbido e debole (flessibile) e muore rigido e duro. … Per questo
il rigido e duro appartiene alla morte, il morbido e debole (flessibile)
appartiene alla vita.” (Daodejing)
Nascita
e morte appartengono entrambi alla vita, ma il suo inizio è legato alla
morbidezza, al rilassamento, alla fluidità, qualità che per prime si sviluppano
nell’apprendimento del taijiquan.
Dal morbido poi deve potere naturalmente nascere anche il duro, ma la scommessa
del taijiquan è quella di cercare
di sviluppare una durezza particolare, il “duro ma non rigido”. In altre
parole, di portare a maturazione lo yin
e lo yang senza percorrere
necessariamente la strada che dalla nascita porta alla morte.
Come
diceva Leung Kwok-po, Maestro Taoista di Agopuntura, Medicina Tradizionale
Cinese e Qigong: “L’obiettivo della
pratica è quello di diventare Immortali. Se questo non è possibile cerchiamo
almeno di essere longevi. Se anche questo non dovesse essere possibile,
cerchiamo almeno di rimanere fino alla fine della nostra vita in buona salute!”
Molto
cinese…
Maestro cintura nera III Duan, Vito Marino
nasce a Sciacca il 7 luglio 1954.
Medico Agopuntore e Insegnante di Medicina
Tradizionale Cinese e di Qigong, Presidente dell’Associazione QI, Scuola di
Medicina Tradizionale Cinese.
Dopo avere studiato e praticato Aikido,
Karate semi-contact, Wing Chun e Taijiquan stile Yang, nel 2002 inizia lo
studio del Taijiquan stile Chen Xiaojia con la Maestra Carmela Filosa, erede di
XIII generazione dello stile e XXI generazione della famiglia Chen. Nel 2012 ha
l’onore di diventare discepolo tudi
della Maestra Carmela Filosa ed erede dello stile di XIV generazione.
Socio fondatore e Responsabile per la
Sicilia della Italy Chen Xiaojia (gruppo Longqi),
insegna Taijiquan a Palermo presso l’Extra Fitness Club di Corso Camillo
Finocchiaro Aprile 128.