Zhan Zhuang

Zhan Zhuang

(A cura dell’Istruttore II Duan Fabio Caputi)

Lo stupore che quasi sempre prova il neofita per la lentezza con cui nei primi anni di pratica vengono eseguite le tecniche del Tai Ji Quan, è destinato ad aumentare quando gli vien detto che la via migliore per cominciare ad apprendere quest’arte risiede nell’immobilità.

La pratica di ogni tecnica richiede una estrema precisione nell’esecuzione ed il contemporaneo controllo dei numerosi aspetti che la compongono. Alcuni di questi aspetti sono comuni a tutte le tecniche, e rappresentano il lavoro di base sui principi fondamentali, il Ji Ben Gong che nessuno potrà mai dire di aver praticato abbastanza.

Il primo requisito esteriore e visibile è la postura corretta. Se non si è in grado di mantenere la postura nell’immobilità, come si potrà farlo muovendosi? Il secondo requisito è il radicamento: difficile apprenderlo e soprattutto conservarlo mentre ci si muove, se prima non lo si è conquistato nella posizione statica, Zhan Zhuang (o posizione del palo eretto, o dell’albero) che può essere eseguita secondo molte varianti a seconda dello scopo che ci si propone, e che offre molti tesori a chi ha la pazienza di cercarli.

Il praticante di Tai Ji Quan, quando esegue Zhan Zhuang, dovrebbe focalizzare la sua attenzione contemporaneamente su molte cose, e questo non è facile: per questo, agli inizi, gli si dirà di badare soltanto a pochi aspetti, su cui la mente dovrà esercitare un continuo controllo per adeguare il corpo alle esigenze dell’arte e, soprattutto, per raggiungere l’indispensabile condizione di pace interiore. Il primo principio da osservare è quello di mantenere il corpo dritto e centrato, il che comporta un’auto-estensione della colonna vertebrale che si ottiene coltivando le sensazioni del Bai Hui sospeso al Cielo e del coccige attratto verso la Terra. Eseguita correttamente (spingendo indietro il Ming Men), questa tecnica provoca una leggera retroversione del bacino e, in conseguenza, la distensione del tratto lombare della colonna vertebrale: riducendo o, meglio, eliminando la lordosi lombare il percorso del Qi sarà molto agevolato. Agli inizi, questo risultato si ottiene agendo separatamente sul coccige e sul Bai Hui; più avanti, quando la tecnica si sarà affinata, ci si accorgerà che si tratta di un unico movimento che parte dal Ming Men.

Con la punta della lingua sempre in contatto col palato e con i piedi distanti fra loro quanto sono larghe le spalle, si fletteranno più o meno lievemente le ginocchia e, senza che la loro proiezione verticale superi mai le punte dei piedi, si aggiusterà la posizione in modo da sentire il peso del corpo distribuito su tutta la superficie dei piedi stessi e coltivando la sensazione del contatto con la Terra dei punti Yong Quan (fontane zampillanti). Più si piegheranno le ginocchia, più sarà difficile mantenere a lungo la centratura e l’equilibrio: agli inizi ci si accontenterà di una posizione più alta al fine di potersi concentrare più facilmente sul radicamento, per ottenere il quale si dovranno eseguire alcune tecniche che potranno essere meglio utilizzate in movimento se saranno state apprese e praticate da fermi:

  • arrotondare l’inforcatura. Agendo sulla sinfisi pubica si fa come se si volessero riunire le anche in un punto davanti a noi: il movimento sarà minimo, ma sufficiente a creare una curvatura in avanti del bacino che permetterà un fluido passaggio del Qi dal basso verso l’alto e viceversa. Bisogna fare attenzione, nel far questo, a non coinvolgere le ginocchia, le quali potrebbero, se la tecnica non fosse eseguita nel modo giusto, tendere a chiudersi verso il centro mentre, al contrario, dovranno sempre puntare verso le estremità dei piedi.
  • rilassare i glutei e contrarre le cosce. Facendo come se ci si trovasse su una bilancia e si volesse cercare di aumentare il proprio peso, tutto il corpo spinge verso il basso mentre i glutei si rilassano completamente. Se contemporaneamente si arrotonda l’inforcatura, ne deriva una sensazione come di avvitarsi penetrando e radicandosi nel suolo; si potrebbe avvertire una sensibile stimolazione dei punti Yong Quan.

Quanto sopra descritto può essere eseguito tenendo le braccia rilassate lungo i fianchi. Successivamente, con la mente allenata a tenere sotto controllo la postura e tutti i requisiti sin qui descritti, e se non lo si è fatto sin dall’inizio, si solleveranno le braccia tenendole come se si abbracciasse un albero, con le mani all’altezza dell’ombelico, per sperimentare un altro principio del Tai Ji Quan: mentre la parte inferiore del corpo è saldamente radicata, la parte superiore si mantiene elastica e flessibile. Nei primi tempi sarà molto difficile mantenere la postura. Man mano che ci si fa l’abitudine, si impara che per mantenere le braccia e il busto in posizione non è di alcun aiuto far ricorso alla forza: al contrario, la resistenza aumenterà proporzionalmente alla capacità di rilassare i muscoli di schiena spalle e braccia. Si apprende, in questo modo, l’equidistanza dagli opposti: il completo rilassamento del corpo ci priverebbe di ogni sostegno, ma contraendo eccessivamente i muscoli sopravviene presto lo sfinimento. È (per me) impossibile non mantenere in contrazione gli arti inferiori; è invece necessario che glutei, schiena, spalle e arti superiori siano quasi del tutto rilassati. Il rilassamento della parte superiore del corpo porterà alla comprensione di due altri importanti requisiti del Tai Ji Quan: Han Xiong (contenere il petto) e Tan Bei (tirare la schiena, arrotondandola). Senza questi due accorgimenti è impossibile raggiungere il giusto grado di rilassamento mantenendo la giusta postura. Per arrotondare l’inforcatura abbiamo dato al bacino la forma di un arco di circonferenza che chiude davanti a noi; per arrotondare la schiena si fa la stessa cosa con le spalle, distanziando fra loro le scapole e facendo rientrare lo sterno. Man mano che, grazie ad una continua auto-sorveglianza, si riuscirà a conquistare il rilassamento dei muscoli, aumenterà e perdurerà il senso di vigile tranquillità e pace interiore, premessa indispensabile di ogni progresso. Quando si riuscirà a conservare per almeno una ventina di minuti la posizione secondo quanto detto sin qui, il corpo comincerà a trasformarsi in una molla pronta a scattare. Come e quando farlo scattare sarà l’argomento di studio delle tecniche in movimento. Sarà un lungo studio…

Fabio Caputi

Pratico il Tai Ji Quan dall’autunno del 2005. Sono rimasto immediatamente colpito dalla bravura e dalla passione della Maestra Filosa e dei Maestri e Maestre formatisi alla sua scuola. Dopo 3 anni di stile Yang ho scelto, insieme a tutti i miei compagni di corso, di proseguire con lo stile Chen Xiaojia, che conto di continuare a studiare per il resto della mia vita.

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